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Nel
primo dopoguerra fu ritenuto necessario consolidare la frontiera marittima con
la Francia,necessità confermata a partire dai primi anni '30, in seguito al
modificarsi dello scenario politico,dal delinearsi di un conflitto aeronavale
con la Francia e la Gran Bretagna.
Nei primi giorni di Settembre del
1939, nonostante l’Italia avesse dichiarato formalmente la “non belligeranza”,
la situazione politica europea richiedeva l’assunzione dello “stato di
sicurezza” essendo già iniziata l’azione della Germania contro la Polonia e
proclamate conseguentemente le dichiarazioni di guerra da parte dell’Inghilterra
e della Francia contro la Germania. L’approntamento della Zona Elba-Piombino era
già iniziato nel mese di aprile con una gradualità tale da far apparire le varie
manovre come azioni addestrative. L’assetto difensivo dell’Elba era stato già previsto con un
piano apposito nella seconda metà degli anni 30. L’Elba, per la sua posizione
geografica, veniva considerata il prolungamento naturale della costa Tirrenica
verso la vicina Corsica lontana poco più di 60 Km. Vi era la possibilità che la
Francia, a guerra dichiarata, agisse con operazioni di sbarco per la presa di
possesso dell’Isola, e successivamente con mezzi adeguati per operare sul
territorio continentale, prendesse terra nel Golfo di Follonica. Ecco quindi
che, in un’ottica più ampia di difesa nazionale, l’Elba rappresentava l’ultimo
sperone d’Italia proteso verso il potenziale nemico ed il vicino promontorio di
Piombino luogo atto a raccogliere le provenienze dall’Elba e dalle altre isole
dell’arcipelago. Oltre ai motivi strategici, bisognava considerare anche
l’importanza degli stabilimenti siderurgici e dei bacini minerari presenti
sull’isola e sul vicino continente. In opposizione a tali tentativi era intesa
l’azione difensiva delle batterie navali, delle truppe del Regio Esercito e di
altri mezzi di difesa attiva (naviglio sommergibile e di superficie
eventualmente appoggiato alla Base di Portoferraio) e di difesa passiva
(sbarramento di mine , ostruzione del porto, ecc..). In caso di attacco aereo
oltre all’intervento delle batterie preposte sarebbero accorse forze da caccia
dal campo di aviazione di Ciampino Sud. La geografia dell’isola avrebbe
consentito sbarchi multipli, anche contemporanei nei versanti settentrionali e
meridionali della parte centrale, con lo scopo di suddividere le forze
difensive, disorientarle e riuscire quindi a sbarcare più agevolmente nei tratti
più favorevoli. Si ritennero tuttavia poco probabili tentativi di sbarco nei
golfi di Portoferraio e Portolongone, entrambi pesantemente difesi.
La costa occidentale dell’isola non fu soggetta a lavori di fortificazione vista
la scarsa probabilità di sbarchi imponenti, a causa delle coste impervie e del
massiccio granitico del Monte Capanne, naturale sbarramento all’avanzata di
reparti nemici. L’unica rotabile
esistente era la strada litoranea Procchio -
Marciana Marina, che poi risalendo il versante settentrionale del Monte Capanne
raggiungeva Marciana per poi ridiscendere a La Zanca. Vennero comunque
realizzate piccole opere presidiate da poche unità con compiti di sorveglianza.
La difesa dell’isola venne attuata suddividendola in un ridotto
occidentale e in uno orientale. Limite tra i settori la linea Viticcio- Le Cime
- Monte Pericolo – Monte San Martino – Monte Tambone – Monte Fonza – Capo Fonza.
Il settore occidentale aveva un proprio comandante, con sede a Monte Bacile, e
un nucleo mobile di riserva. Le forze dislocate in questo settore dovevano
provvedere alla difesa diretta dei Golfi di Viticcio, Biodola, Procchio e Campo
con il compito di impedire al nemico lo sbarco, ributtarlo in mare e in caso di
prevalenza, contendere il terreno ed impedire al nemico ogni ulteriore
progresso. Il grosso delle forze era dislocato nella regione di Monte Bacile per
essere impiegato a massa nella direzione più pericolosa.
In caso di ripiegamento i reparti in ritirata dovevano contrastare ogni
progresso del nemico verso oriente ed attestarsi sulla linea Le Cime-Monte
Pericolo-Monte Tambone, impedendo al nemico di avanzare verso Portoferraio,
Colle Reciso, Lacona. Una forte riserva venne dislocata in posizione centrale
per essere impiegata
a massa contro truppe che fossero sbarcate nel
settore. Qualora il nemico fosse riuscito a sopraffare la difesa ed occupare la
Rada di Portoferraio, il comandante delle forze doveva ritirarsi con tutti i
mezzi ancora disponibili sulla posizione del ridotto orientale, ove si sarebbero
portate pure le truppe del settore occidentale, per mantenere ad ogni costo il
possesso della parte Est dell’isola. Il settore orientale era alle
dirette dipendenze del comandante delle forze terrestri dell’isola, con un
nucleo mobile più cospicuo per le esigenze difensive del settore e come riserva
generale per la difesa dell’isola. Nel ridotto orientale era concentrato il
grosso delle forze. Queste dovevano essere impiegate a massa sulle spiagge
interessate dagli sbarchi, dopo che i reparti schierati su quest’ultime,
avessero tentato in tutti i modi di ostacolare il nemico. Nel ridotto si
sarebbero dovute ritirare tutte le forze presenti sull’isola, per portare avanti
una difesa ad oltranza fino all’arrivo dei rinforzi dall’Italia per ricacciare
in mare il nemico. Il ridotto orientale doveva inibire l’uso della Rada di
Portoferraio, anche se la città fosse caduta in mano del nemico. Includeva
quindi un approdo necessario a garantire i rifornimenti ed i rinforzi
provenienti dal Continente con qualunque condizione di mare, a tal fine venne
scelto Portolongone.
tratto da "La Sentinella Avanzata" Le difese costiere costiere dell'Isola d'Elba nel secondo conflitto mondiale © Ruggero Elia Felli
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